Troinesi emigrati in America tra la fine dell’800 e i primi del 900

L’isolotto di Ellis Island, a New York, ha acquistato fama, nella prima metà del secolo scorso, per il suo porto, all’interno del quale approdarono le navi, pieni di emigranti, provenienti da diversi paesi europei. Tra i circa venti milioni di emigranti che sbarcarono sul molo di Ellis Island, dal 1892 al 1954, centinaia di migliaia furono italiani.

Di recente, gli archivi del porto newyorchese sono stati digitalizzati dall’Ellis Island National Immigration Museum, permettendo così, con la pubblica fruizione degli importanti documenti che contengono, di effettuare ricerche sull’emigrazione in America dalla fine dell’ottocento alla prima metà del novecento.

Da una mole imponente di dati, è possibile estrapolare, dai Registri di Sbarco, quelli che riguardano gli emigranti partiti da Troina, che da diversi porti e in diverso tempo si sono imbarcati per l’America: ne viene fuori un elenco di 453 persone tra uomini e donne, bambini e anziani, single e sposati, che lasciarono il paese nei primi decenni del Novecento, sperando in un futuro migliore nel ‘Nuovomondo’.

Troina, allora, faceva parte della provincia di Catania e contava 12.000 abitanti circa.

Le cause dell’emigrazione consistente di parte della sua popolazione le individua con esatta analisi l’economista Giovanni Lorenzoni nella sua famosa e puntuale Relazione sulle Condizioni dei contadini meridionali e della Sicilia; relazione che Lorenzoni, presentò, nel 1910, al Parlamento del Regno d’Italia e nella quale, di Troina, descrisse il problematico e precario quadro socio-economico in cui versava.

“A Troina” – scrive Lorenzoni – “ la questione più acuta è quella della circoscrizione territoriale, perché le belle e ricche foreste di proprietà del Comune, e nelle quali i contadini hanno diritto di legnare, si trovano nella circoscrizione di Ceasrò e si verificano così continui inconvenienti. La coltura prevalente a Troina è quella dei cereali.

Prevale il latifondo. La piccola proprietà è limitata alle vicinanze del paese e non è nelle mani dei contadini, ma in quelle di piccoli proprietari che però versano in condizioni piuttosto tristi per la scarsità e il rincaro della manodopera. Il latifondo viene coltivato con l’antico sistema della rotazione a terziaria. Poco sviluppato è il contratto do mezzadria; di più quello a terraggio nel quale il proprietario prende 1,2 o 3 ‘terraggi’ cioè 1, 2 o 3 salme di frumento per ogni salma di terra a seconda della qualità dei terreni. Vi è qualche contratto a miglioria per l’impianto di mandorli.

 I contadini abitano per lo più in paese, ma non pochi in campagna, dove ci sono poche case coloniche in muratura a secco. L’abitazione dei contadini nei latifondi detta ‘panetteria’, è formata da una stanza con un forno, e con giacigli, dove dormono da lunedì a sabato; questi giacigli sono rialzi ripieni di paglia, la coperta del contadino è il cappotto, il capezzale le ‘scarpette’. In queste panetterie d’inverno dormono solo uomini ma d’estate donne e uomini promiscuamente, anche su uno stesso giaciglio: da ciò reati contro il buon costume e fatti di sangue. I giornalieri hanno un salario di lire 1 a lire 1,10 oltre il vitto o di lire 2 a lire 2,50 alla scarsa: per il salario piuttosto alto v’è scarsezza di uomini. Per converso c’è molta disoccupazione dipendente specialmente dal fatto che per l’aumento dei salari, i proprietari non hanno tutte quelle colture che potrebbero e dovrebbero avere.

 Così può dirsi che la condizione dell’agricoltura e dei contadini, in Troina, sia pessima.

Da ciò fortissima emigrazione benché cominciata da poco. Alcuni emigranti mandano denari che servono a pagare i debiti e per le spese della famiglia che sono quasi sempre numerose. Alcuni però tornano dall’America più disperati di prima. Uno, emigrato in America del Sud, facendo colà il fabbro, poi il trafficante di carbone, poi il muratore è riuscito a costituirsi un capitale di 22,000 lire ed è potuto ritornare a Troina”.

E così come diverse erano le sorti dei primi emigranti ritornati in paese, alterno era lo stato d’animo di chi si accingeva partire, combattuto tra la preoccupazione di ritornare più disperato di prima e la speranza di far fortuna oltreoceano. Ma al di là degli esiti delle vicende personali dei più di 400 troinesi sbarcati in America, il loro viaggio va recuperato alla memoria, anche semplicemente restituendo i loro nomi, la loro identità, le date del loro approdo a Ellis Island: ed è ciò che si intende fare con l’elenco che qui si presenta.

Le indicazioni che seguono ad ogni nome (spesso trascritto in modo impreciso o incompleto), riguardano: l’età, l’anno di nascita, il genere, lo stato civile ( M: sposato, S: single), l’arrivo in America, il nome della nave su cui hanno viaggiato, il porto di partenza.

SILVESTRO LIVOLSI