Si è concluso nella serata di ieri, venerdì 24 giugno, presso il Cine teatro Andrea Camilleri di Troina, l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri sui diritti umani, promosso dal Centro Studi MedMez Napoleone Colajanni di Enna, in collaborazione con il comune di Troina. Una tavola rotonda costituita da importanti esponenti della cultura, dell’associazionismo e della politica, voci di spessore che hanno dato un alto contributo al dibattitto sul tema dell’immigrazione e dei diritti.
Un fenomeno strutturale e non un’emergenza, questo il presupposto da cui partire e il fondamentale distinguo da fare quando ci si vuole approcciare al grande tema dell’immigrazione, per riuscire bene a definirne le caratteristiche e le tante sfaccettature. Questo il punto fermo alla base degli interventi realizzati dagli ospiti del Cine teatro Andrea Camilleri, moderati dal giornalista e direttore di “Metropolis Più” Salvo Flores. Al sindaco di Troina, Fabio Venezia, affidato il compito istituzionale di aprire la serata, con i saluti e i ringraziamenti a tutti i partecipanti: il direttore del Centro Studi Med Mez Paolo Garofalo; l’Imam Abdelhafid Kheit, Presidente della Comunità Islamica Sicilia; il professore Matteo Fano, Antropologo presso l’École Nationale Supérieure d’Architecture di Marsiglia; la presidente Nazionale “ProMueveRD”, Mirtha Racelis Milla; il segretario regionale della CGIL Sicilia Alfio Mannino; il responsabile Sicilia della “Comunità di Sant’Egidio”, Emiliano Abramo; il deputato al Parlamento Europeo Pietro Bartolo.
‹‹Troina è stata storicamente una città di accoglienza, integrazione, contaminazione – dice il primo cittadino Venezia – a partire dal tempo dei Normanni nell’XI secolo. Quando altrove si combattevano guerre di religione, qui, mille anni fà, convivevano pacificamente cristiani di rito greco, cristiani di rito latino, ebrei e musulmani, segno tangibile di un forte spirito di accoglienza che ha attraversato le diverse fasi storiche fino ad arrivare a noi. Oggi abbiamo trasformato in azioni concrete quel profondo segno di indignazione e quei sentimenti di dolore provati all’indomani della presa di Kabul da parte dei Talebani lo scorso settembre; come amministrazione comunale, rappresentando il volere dell’intera comunità, abbiamo fatto la nostra piccola parte accogliendo un nucleo di immigrati afgani, due famiglie che sono qui stasera e che saluto a nome di tutta la cittadinanza. Una testimonianza concreta della nostra solidarietà e vicinanza al loro dramma, nella speranza che possano un giorno ritornare nella loro terra››.
A seguire, l’intervento del presidente MedMez Paolo Garofalo, che ha elogiato la sensibilità e l’impegno speso dall’amministrazione comunale per l’organizzazione e la realizzazione di queste quattro giornate di studi sul tema dei diritti; e dell’Imam Abdelhafid Kheit. Il Presidente della Comunità Islamica siciliana ha voluto ricordare “un grande figlio di questa terra”, un amico e un fratello, Monsignor Gaetano Zito, impegnato per tutta la vita a costruire il dialogo e la pace. Sono tanti i diritti negati alla popolazione musulmana nel nostro Paese: il diritto a una degna sepoltura, il diritto al culto religioso (costruire una moschea in Italia è molto difficile ed ecco perché spessissimo i musulmani si ritrovano a dover pregare in luoghi che poco somigliano a templi spirituali, come garage e scantinati). Occorre mettere in atto politiche nuove – afferma L’Imam Kheit – che coinvolgano lo Stato e l’intera comunità musulmana. Perché garantire diritti a chi vive sul nostro territorio significa permetterne una migliore integrazione, attivare processi di crescita funzionali non solo a chi viene accolto ma anche a chi accoglie. Ne ha parlato approfonditamente, in collegamento da Marsiglia, l’antropologo Matteo Fano. Partendo dai dati di una propria ricerca durata più di dieci anni sui flussi migratori di giovani africani che giungevano in Francia senza titolo di soggiorno, passando per l’Italia, Fano ha stilato alcune considerazioni di carattere generale che ben ci spiegano la realtà dei processi migratori. ‹‹I processi migratori – sostiene l’antropologo – testimoniano un’ineguale distribuzione sociale delle possibilità di sperare in un domani migliore. Da qui il grande paradosso del mondo moderno: nonostante agli uomini in quanto tali siano teoricamente riconosciuti dei diritti, in realtà non tutti ne godono, o perlomeno, non tutti nella stessa misura. Sebbene l’Illuminismo avesse proclamato dei diritti universali, quello che poi nella pratica ne garantiva l’effettivo esercizio era (ed è tutt’ora!) un’entità tutt’altro che universale, ovvero lo Stato-Nazione, che fa coincidere la cittadinanza politica con l’identità nazionale. Ecco perché se non è lo Stato a garantirne l’esercizio, questi diritti rimangono astratti, inutili dichiarazioni programmatiche. La maggior parte degli immigrati finisce quindi per negoziare un futuro al ribasso tra quelli che la nostra società rende loro accessibili e che normalmente sono quelli di scarto. Non è solo ingiusto, ma è anche una perdita enorme per le nostre società che non valorizzano appieno un potenziale umano che, se gestito diversamente, sarebbe un valore aggiunto e un fattore di crescita economica, politica e sociale››. Un’analisi minuziosa a cui si è aggiunto, poco dopo, il racconto dell’esperienza di vita e di lavoro della dottoressa Mirtha Racelis Milla, presidente dell’associazione “ProMueveRD”, che si occupa di promozione culturale, quale veicolo fondamentale per l’integrazione dei cittadini dominicani in Italia; e la stipula insieme al segretario regionale della CGIL Sicilia, Alfio Mannino, del un protocollo di intesa e collaborazione tra sindacato e associazione. Per il Segretario, che ha descritto le condizioni di sfruttamento dei lavoratori immigrati nella nostra terra, occorre una nuova politica dei diritti, che faccia prevalere sempre e comunque le ragioni della pace e della solidarietà. Emiliano Abramo, responsabile Sicilia della Comunità di Sant’Egidio ha invece sottolineato quanto sia assurdo parlare di immigrati puntualizzando differenze e creando etichette (migrante economico, politico, climatico) che non corrispondono alla realtà, e che servono unicamente a marcare un confine tra individui di serie A e individui di serie B, tra Noi e l’Altro.
A concludere la serie di interventi, l’accorato discorso dell’euro deputato Pietro Bartolo, noto ai più per il suo ruolo di medico a Lampedusa, l’isola siciliana diventata, negli ultimi trent’anni, approdo per tantissimi migranti che fuggono dalla fame, dalle guerre, dalle persecuzioni e che lì vengono accolti e curati. Pietro Bartolo ricorda però, con estremo rammarico, di essere anche il medico che ha realizzato più ispezioni cadaveriche al mondo, un primato orribile e inaccettabile, di cui ciascuno di noi e l’Europa intera dovrebbe vergognarsi. ‹‹Ho visto cose orribili in questi anni, situazioni impossibili da immaginare, ho pianto e ho fatto delle scelte. Mi sono chiesto cosa vessi potuto fare per aiutare queste persone ed è così che da semplice pescatore sono diventato medico e poi scrittore, attore e infine anche europarlamentare. Perché è la politica che deve occuparsi di questi temi, è la politica che deve dare risposte decostruendo quella narrazione tossica e non veritiera che ha fatto dello straniero l’uomo cattivo, invasore, terrorista, portatore di malattie. In Europa mi sto battendo con forza per affermare quei principi incontrovertibili che sono i principi ispiratori della stessa Unione europea : il rispetto dei diritti umani, del diritto alla vita, la solidarietà, la condivisione delle responsabilità, puntualmente disattesi. Non è così che si contrasta il fenomeno della migrazione, non è con i fili spanati o con i muri che si arginano i flussi. Questi uomini e queste donne vanno accolti, è una nostra responsabilità. Se in un mese siamo stati capaci, giustamente, di accogliere più di 5milioni di profughi ucraini, perché non riusciamo a fare lo stesso con le poche migliaia di persone che provengono dal sud del Mediterraneo? Ecco perché penso che sia una questione di razzismo puro, nient’altro. Dobbiamo creare una grande rete di collaborazione tra popoli, lavorare per garantire gli stessi diritti a tutti gli uomini e a tutte le donne, perché se non posso scegliere dove nascere, devo invece avere il sacrosanto diritto di scegliere dove vivere e dove morire››.
Lavinia Trovato Lo Presti
