La mafia si combatte ogni giorni, arginando i comportamenti che ci fanno sentire furbi, emancipandoci dalle abitudini di un vecchio sistema di favori che ci fa sentire servili e schiavi di chi ha più potere.
“O si sta contro la mafia o sì e complici dei mafiosi, non ci sono alternative”. Queste le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’aula bunker in ricordo delle vittime delle stragi. A 29 anni dalla strage di Capaci un alone di mistero ricopre ancora la veirità dei fatti, i misteri delle trattative infangano la memoria degli uomini che in quel 23 maggio 92 persero la vita. Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Oggi cerchiamo di ricordarli nella maniera più adatta, cerchiamo di vivere con dignità uno degli avvenimenti più catastrofici del ‘900, cerchiamo di portare avanti ideali e valori di ciò che i nostri martiri ci hanno trasmesso.
Ma è davvero così? Siamo stati davvero Capaci di andare avanti a testa alta? Siamo sulla strada giusta? La verità è che mentre noi piangiamo i nostri uomini, le cosche mafiose, silenti, lavorano. E non è solo un post su Facebook a collocarci dalla parte giusta. La mafia si combatte ogni giorni, arginando i comportamenti che ci fanno sentire furbi, emancipandoci dalle abitudini di un vecchio sistema di favori che ci fa sentire servili e schiavi di chi ha più potere. Denunciando comportamenti illeciti che guardano ben oltre la Legalità. Quest’ultimo, termine abusato e logoro. La legalità è l’impresa più difficile per l’essere umano, è uno stato cui tendere, una via per vivere tutti in maniera eguale. E allora se per primi Noi non ci comportiamo in maniera adeguata e rispettiamo le regole del vivere, non saremo mai Capaci di sconfiggere questo cancro.
La mafia non è solo un’organizzazione criminale ma un modo di vivere.
Salvo Pacino