Antoci: “Abbiamo colpito con un’azione senza precedenti la mafia dei terreni, ricca, potente e violenta, ed è per questo che quella notte volevano fermarmi. Volevano bloccare l’idea di una legge nazionale e dunque tutto quello che sta accadendo oggi. Ma io adesso, grazie alla mia scorta della Polizia di Stato, sono ancora qui e vedo loro alla sbarra e quel sistema mafioso andato in frantumi grazie all’eccellente lavoro svolto dalla Procura Antimafia di Messina, dai Carabinieri del ROS e dalla Guardia di Finanza. Mi sembra un buon osservatorio dal quale attendere le altre condanne”.
Nel Maggio del 2016 l’allora presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, è stato vittima di un attentato di stampo mafioso, sventato dall’arrivo tempestivo delle forze dell’ordine.
Antoci, divenuto presidente del parco, ha infatti deciso di modificare il protocollo con il quale avere accesso ai fondi dell’Ue destinati all’agricoltura, al fine di tutelare i richiedenti dalle strategie messe in atto dalle associazioni mafiose, che negli ultimi anni si accaparravano illecitamente questi finanziamenti. Entrato nel mirino della mafia, Antoci riceve delle iniziali minacce che però sfociano drasticamente in un attentato alla sua vita.
Le dinamiche di questo attentato – messe in discussione e considerate “stravaganti” dal presidente della Commissione Antimafia, Claudio Fava – sono state confermate dalla Dda di Messina, la quale – come riferisce lo stesso Antoci – «ha affidato alla polizia scientifica le indagini usando una tecnica innovativa per studiare l’attentato sui Nebrodi, perizia che ha confermato che tutto ciò è compatibile con quanto dichiarato da chi è stato coinvolto nell’attentato».
A seguito di questo tragico avvenimento, nel 2018, all’apertura delle indagini successive agli arresti della Dda di Caltanissetta a carico della mafia dei pascoli, il Comune di Troina, amministrato dal sindaco Sebastiano Fabio Venezia – già impegnato nella lotta alla criminalità organizzata – decide di costituirsi parte civile durante il processo. «Il territorio dei Nebrodi è stato per lungo tempo terra di nessuno e la criminalità rurale è riuscita ad avere un controllo capillare. Per scardinare questo sistema occorrerà una forte sinergia tra cittadini e istituzioni», dichiarava qualche tempo fa il primo cittadino. Venezia, infatti, era stato uno dei pochi, insieme a Giuseppe Antoci, a denunciare pubblicamente la mafia dei pascoli sui Nebrodi.
Lo scorso 23 Aprile, finalmente, sono arrivate le prime condanne con rito abbreviato e scaturenti dall’operazione Nebrodi che aveva portato, il 15 gennaio 2020 a 94 arresti e al sequestro di 151 aziende agricole, una delle più vaste operazioni antimafia eseguite in Sicilia.
Queste sono le condanne inflitte dal GUP Simona Finocchiaro: Al capo clan Sebastiano Bontempo “u guappo” (classe 1969) 24 anni; Giuseppe Bontempo (classe 1964) anni 10 e 8 mesi; Samuele Conti Mica 2 anni, più 4 mila euro di multa.
Condannati invece – tenendo conto del regime premiale per i pentiti – Carmelo Barbagiovanni ad anni 3, Giuseppe Marino Gammazza ad 8 anni e 4 mesi in continuazione con precedenti sentenze e Salvatore Costanzo Zammataro a 4 anni tutti e tre collaboratori di giustizia. “Il primo passo è fatto, – dichiara Antoci – condanne esemplari. Quelle che si meritano per aver tenuto in ostaggio un territorio, mortificandolo, derubandolo e facendolo regredire. Quei fondi dovevano andare agli allevatori e agricoltori perbene e non ai mafiosi. Questo primo passo fa ben sperare per il prosieguo del Maxiprocesso. Io sarò qui ad attendere. Questa vicenda ha stravolto la mia vita e quella della mia famiglia”, dichiara l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci.
FABRIZIO TOMASI