Lettera di Giuseppe di Napoli a Manzoni 

Tra le carte, numerose e importanti, conservate da Alessandro Manzoni nel suo personale archivio, vi è una lettera, che porta la firma di Giuseppe Di Napoli e la data del 5 Dicembre 1868.

Giuseppe Di Napoli, nel 1868 aveva ventiquattro anni, era nato a Troina, discendeva da un antico casato nobiliare, aveva sostenuto idee e battaglie risorgimentali e stava cercando di affermarsi come uomo di lettere e poeta; e al maturo e famoso Manzoni, con la sua lettera, inviava il testo di un’ode a lui dedicata e scritta in occasione della morte di Gioachino Rossini, che era da poco avvenuta (il 13 Novembre del 1868).

Con tono devoto e ossequioso ma fermo e sicuro, il poeta di Troina sottoponeva a Manzoni i suoi versi, la sua prova poetica, cercando il suo ‘conforto’, la sua approvazione e intanto gli manifestava, oltrechè la stima, anche la sua condivisione del ‘culto del vero’; ‘culto’ che aveva contrassegnato la concezione poetica e la produzione di Manzoni e che ispirerà l’opera dello scrittore di Troina.

La lirica di Giuseppe Di Napoli riprendeva, con chiara evidenza, lo stile, la forma e il lessico della famosa ode manzoniana Il cinque Maggio. L’iniziale “Ei fu” mostra chiaramente l’intenzione del poeta di Troina di omaggiare il Maestro Manzoni, imitando tonalità e forme, elaborate ed altisonanti.

Non sappiamo cosa rispose Manzoni al suo adorante poeta troinese, né se mai rispose.

È certo, però, che, al di là di una valutazione sul risultato e sul valore letterario della lirica (frutto di un giovane poeta in formazione), la stessa risulta inedita, almeno a dar fede alla minuziosa ricerca delle opere pubblicate dal Di Napoli che fece Sebastiano Grasso, in occasione del convegno sul poeta di Troina, promosso, nel 1998, dall’ allora Sindaco Pino Scorciapino.

Di quel convegno, l’anno successivo, furono pubblicati gli atti, dall’amministrazione comunale guidata dal Sindaco Giuseppe Artimagnella; ne venne fuori un volume dal titolo Giuseppe Di Napoli, aspro poeta che conteneva gli interventi dei relatori al convegno (Pino Scorciapino, Silvestro Livolsi, Sebastiano Grasso, Domenico Tanteri, Felice Rappazzo) e un’ accuratissima scheda bibliografia delle opere di Di Napoli, curata da Sebastiano Grasso, che non contiene, in elenco, la lirica dedicata a Rossini.

Chi volesse approfondire l’opera, conoscere la portata e il valore letterario di Di Napoli potrà trovare un’ampia e articolata disamina della sua vita e della sua opera nel volume di atti sopra citato. Nello stesso volume, s’era lasciata irrisolta, ricostruendone la vita, la questione della crisi religiosa del Di Napoli, presuntivamente sfociata in un perdurante ateismo. A questo proposito, a sciogliere il dubbio è un documento, non conosciuto al momento del Convegno, emerso di recente e che mi sembra utile riportare, per fare maggior chiarezza, sul travagliato rapporto di Di Napoli con la fede cattolica. È uno scritto del poeta, apparso sul numero del 7 Novembre del 1877 de Il Divin Salvatore, un periodico cattolico, edito a Roma. In un trafiletto, dal titolo “Onorevole ritrattazione”, veniva pubblicato “di buon grado” (come precisava una breve premessa redazionale) il seguente testo: “Io qui sottoscritto Giuseppe Di Napoli e Baudo, del Comune di Troina, sendo dolentissimo di tutto ciò che ho detto, scritto e stampato contro le massime e le dottrine cattoliche, e contro il Sacrdozio, sento il sacro dovere farne una pubblica ritrattazione, sì per discolparne la mia coscienza, che per riparare allo scandalo dato, protestando ad un tempo di essere figlio obbidientissimo alla Santa Chiesa, e di volere, mercè il divino aiuto, vivere e morire da buon cattolico. Oggi, il dì 25 Ottobre 1877”.

Al tempo di questa sua “onorevole ritrattazione”, Manzoni (che mai, dopo la sua conversione, per tutta la sua lunga vita, ebbe dubbi sulla sua convinta e ragionata fede cattolica) era morto da quattro anni, nel 1873. Giuseppe Di Napoli, morirà nel 1916, dopo aver conquistato uno spazio importante nella storia letteraria della Sicilia e avendo avuto il privilegio di appartenere, come socio corrispondente, all’Accademia Pittagorica, che raccoglieva tanti e noti scrittori italiani e della quale Manzoni era socio onorario.

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Silvestro Livolsi

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