Le strade della transumanza

Da anni ormai non si sente più echeggiare il suono dei campanacci lungo le strade, in prossimità dei centri abitati; le migrazioni stagionali attraverso cui gli animali, bovini ed ovi-caprini, erano condotti dalle zone di pianura a quelle di montagna e viceversa, sono quasi del tutto scomparse.

La transumanza, appunto, al giorno d’oggi, rimane caratteristica di alcune zone ad economia poco sviluppata, dove il bestiame viene spostato da un luogo all’altro, alla ricerca di foraggio; esaurite le risorse all’interno di una determinata area, verrà trasferito altrove, in modo da consentire alla flora pabulare di riprodursi nuovamente.

Retaggio d’antiche forme di nomadismo, la transumanza non è altro che un itinerario fatto di spostamenti in verticale, dal monte al piano e viceversa, anche se non mancano trasferimenti a breve raggio. Nei nostri ambienti viene ancora oggi praticata quando le greggi o le mandrie, pascolando sui terreni di pianura e di collina dall’autunno alla primavera, dove il clima risulta mite, si trasferiscono in estate sui pascoli di montagna; tale pratica, quindi, non si compone di spostamenti liberi ma canalizzati, stabili nel tempo.

Di solito, gli animali da dicembre a maggio pascolano nei terreni posti a quote basse, detti marini; da giugno a luglio nei terreni di montagna. A fine luglio, ultimato il pascolo, vengono trasferiti in collina, sui campi di stoppie (dari ‘i ristucci), fino ad agosto; da settembre a novembre, risalgono nuovamente in montagna.

Il 25 novembre, ricorrenza di Santa Caterina d’Alessandria, il ciclo della transumanza viene fatto iniziare con la discesa del bestiame verso il fondovalle; un detto comune tra gli allevatori recita ppi Santa Catarina, vacchi e piecuri a marina.

Ogni cambio d’erba, cioè di pascolo, è detto muta e, mutari l’armali, significa appunto, fare transumanza. A periodi di surplus alimentare per l’animale, seguono periodi caratterizzati da disponibilità nulle o limitate a residui d’erba disseccati, rimasti in campo poiché non utilizzati in primavera.

In alcuni centri dell’entroterra siciliano, la pratica della transumanza, effettuata da allevatori dell’areale dei Nebrodi e delle Madonie, risulta documentata per tutto il Medioevo.

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Gregge in transumanza.

 

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La transumanza delle vacche condotte in montagna.

Gli spostamenti avvengono, dove possibile, lungo le trazzere, ampie strade a fondo naturale che attraversano i territori dell’entroterra, collegando località di montagna a località di pianura. Tali strade, denominate regie, a carattere intercomunale, potevano raggiungere una larghezza di circa 18 canne, pari a circa 36 metri, al contrario delle cosiddette ordinarie o vicinali,  a carattere locale, che non superavano la larghezza di 20 metri. Non erano rari i casi di danni alle colture da parte di greggi passanti per trazzere limitrofe a fondi agricoli coltivati.

Fondachi e masserie, ubicati lungo i percorsi in questione, divenivano punto di riposo e di ristoro sia per i pastori che per il bestiame.

Non è difficile ritrovare ancora oggi imprese armentizie che dalla zona di Monte Soro o della Miraglia, sui Nebrodi, discendono lungo sentieri impervi, per dirigersi verso la Piana di Catania o di Lentini. Uno di questi itinerari è da secoli rappresentato dalla Regia Trazzera San Fratello-Agira, passante nell’ultimo tratto dal centro abitato di Catenanuova, incrocio di antiche vie di comunicazione tra la pianura e le zone montane dell’Isola; l’attuale piazza, in particolare, era il luogo d’incontro di diverse trazzere, punto di riferimento delle mandrie in transumanza che da qui si diramavano per i pascoli della Piana.

Gli spostamenti degli animali, comunque, se non avvengono con mezzi gommati (camions, autotreni, ecc.), sono organizzati, in alcuni casi, dividendo il bestiame in gruppi (vaddia) e, più allevatori, percorrendo lo stesso tragitto, possono mettere assieme il loro bestiame.

Nelle mandrie di bovini, agli animali più anziani, aventi funzione di capo gruppo e, denominati per questo vacchi mastri, vi si appende al collo un campanaccio che prende il nome di tabbiuni.

Parecchie aziende zootecniche, mettendo in atto lo svernamento degli animali in stalla, detto guviennu, hanno relegato la transumanza ad un ruolo marginale; il bestiame più esigente in termini alimentari viene lasciato così in ambienti stabulati, con ricorso a foraggi freschi ed a mangimi industriali.

Regolamenti e leggi, vietando gli spostamenti di bestiame non in possesso di autorizzazione sanitaria, hanno assottigliato al giorno d’oggi tale pratica; in questo senso, anche le trazzere hanno perso quel ruolo di primaria importanza che avevano nell’ambito d’ogni territorio, lasciando il posto alle strade asfaltate.

Itinerari da percorrere a piedi, a cavallo o in mountain bike, legati alla scoperta di antichi sentieri e masserie, nonché del paesaggio, potrebbero essere effettuati seguendo le piste della transumanza, pratica che ai nostri giorni rappresenta più un significato storico ed etnologico che di consuetudine e governo del bestiame.

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Strada passante per le campagne del troinese utilizzata dai pastori per la transumanza.

 

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Tratto di un’antica trazzera in c.da Madonna della Via.

 

NICOLA SCHILLACI

 

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