La festa della Madonna della Lavina a Cerami, o quello che ne è rimasto: l’ultimo tassello di un puzzle più ampio

Anche l’ultima festa, nel piccolo paese di Cerami, è giunta al termine. Sarebbe bello poter raccontare di come tutto si sia svolto nel solito clima di allegria ma, purtroppo, la verità è che la festa non ha portato con sé quell’aria di gioia e spensieratezza che ogni solennità presuppone. La comunità parrocchiale di Cerami è ormai spaccata tra chi, per anni, si è prodigato per realizzare una festa dignitosa, nel nome di Maria, e chi ritiene che le azioni del parroco siano state fatte secondo fede.

La festa della Madonna della Lavina è sempre stata, per Cerami, il fiore all’occhiello, la ciliegina sulla torta, l’ultima delle tante processioni estive, come se a Maria si volesse consegnare, oltre che l’intero paese, anche il nuovo anno liturgico, in un clima di maggiore religiosità, rispetto alle altre feste. Non solo, la Madonna è venerata anche dagli abitanti dei paesi del circondario, infatti molti cittadini di Troina e Capizzi si mettono in cammino, ogni anno, per raggiungere il Santuario e ringraziare la Mamma celeste per qualche grazia ricevuta o semplicemente perché spinti dalla fede; non a caso la Chiesa è stata elevata a Santuario diocesano nel 2007, con il parroco di allora, Don Carmelo Anello, promotore e sostenitore delle tradizioni del paese.

Dopo due anni di pandemia, così come è stato per le precedenti processioni, i Ceramesi attendevano con trepidazione, e con la devozione verso la Madonna della Lavina che da sempre li contraddistingue, i giorni di festa dedicati a colei sotto il cui manto chiunque cerca riparo. La Madonna è tornata ad attraversare le vie del paese e i fedeli l’hanno acclamata come sempre, ma l’entusiasmo non è stato sicuramente lo stesso, come non è più la stessa la Chiesa di Cerami, che ormai è sempre più divisa. Non sono mai mancati screzi e fratture, ma la cosa triste è che sia proprio la Chiesa a generarle. Quello che Cerami ha vissuto in questi giorni è stato un vero spettacolo teatrale, una gara tra chi è più forte e grida più dell’altro e tutto questo perché non è stato possibile un dialogo tra parroco e il comitato, con a capo l’amministrazione comunale, che da sempre ha organizzato la festa.

Tutto ciò ha portato ad uno scontro continuo, tra il sacerdote, che si è occupato di organizzare la parte liturgica della festa, anche in anticipo rispetto gli anni precedenti, dal momento che il programma dei festeggiamenti è stato pubblicato ancora prima che terminasse la festa precedente (cosa mai successa, perché si è sempre avuto rispetto delle altre confraternite) e quella porzione di fedeli che si sono “ribellati” all’assenza di alcuni tradizionali momenti, che si ripetono da secoli. Ebbene sì, perché ai ceramesi non è mancato tanto il cantante del momento o le luminarie sulla strada verso il Santuario, elementi sicuramente aggiuntivi che rendevano la festa più ricca e che sarebbero serviti a regalare momenti di spensieratezza, dopo due anni di tribolazione, ma a mancare è stata la novena (se così si può definire dal momento che, come dice la stessa parola, dovrebbero essere nove i giorni di celebrazioni, quest’anno sono stati sette) dell’aurora delle 6.30, posticipata di mezz’ora; sono mancati i tanti canti che durante i nove giorni di novena si alternavano e che ora sono diventati solo quattro; è mancata la veglia di preghiera nella notte che precede il giorno della festa; sono mancati i drappi, che dal campanile del Santuario annunciavano la festa di Maria; è mancato il suono delle campane all’uscita della Madonna; sono mancati  i tamburi, che alle 6 del mattino annunciavano la messa. È stata proprio questa assenza a spingere un gruppo di giovani tammurinari a riprendere, volontariamente, questo momento che era stato eliminato dal parroco e che è stato tramandato dagli antenati, infatti non si tratta solo di “scrusciu”, ma di un invito ritmico che, dalla Chiesa Madre si dirama per le vie del paese fino al Santuario, mediante una comunicazione itinerante dei tamburi. Una pratica molto diffusa era anche quella di suonare l’ “Ave Maria”, ogni mattina della novena dal 30 agosto al 7 settembre, in un connubio tra il tamburo e le campane della Chiesa Madre, usanza ormai persa con l’ingresso dell’automatizzazione delle campane.

Si tratta di piccoli momenti a cui la comunità ceramese è fortemente legata, perché in essi si rispecchia, in essi ritrova le proprie origini, le proprie tradizioni e si sa che è tramite queste ultime che a Cerami si alimenta la fede.

Insomma, l’organizzazione della festa della Madonna è stata solo la punta di un iceberg che è emerso solo ora, ma che cresce lentamente da parecchi mesi, da quando a Cerami si è insediato il nuovo parroco, don Basilio Agnello. In pochi, pochissimi mesi, è stato distrutto tutto quello che era stato costruito o sistemato in nove anni dal precedente parroco, cercando di intaccare anche l’ottima gestione delle Chiese da parte delle Confraternite: distrutto il gruppo cantorum, è più facile intonare sempre le stesse canzoni e lasciare che l’assemblea continui; spariti i gruppi della liturgia che si occupavano di distribuire le letture tra i tanti lettori che si alternavano in maniera piuttosto equa, è più bello chiamare chi deve leggere (un numero molto ristretto di lettori) dall’altare poco prima che venga proclamata la parola di Dio; spariti i fiori in chiesa, sono più sobrie senza; sparito il consiglio pastorale, il consiglio per gli affari economici, il gruppo giovani, i fedeli in Chiesa. In conclusione, non si tratta di trovare colpevoli o vittime, dal momento che tutta la comunità lo è, perché la perdita di qualcosa, che sia il momento di festa e l’armonia che essa produce, amareggia tutti.

GIUSY PITRONACI

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