Cosa guardare stasera? “ENEA” e “INTO THE WILD”

Cinema italiano ed internazionale messi a confronto, ma con una tematica comune: La solitudine.

1. Enea (2023)
GENERE: Dramma/Comedy
REGIA: Pietro Castellitto
DURATA: 1h 55m
PRODUZIONE: Italia

Enea, l’ultima fatica cinematografica di Pietro Castellitto, come fosse una lente d’ingrandimento, ci mostra un piccolo mondo, una piccola città dentro la città, la cittadella della metropoli. Nel mondo dorato della Roma dell’alta borghesia, a far da padrone è la solitudine figlia di un grande benessere.
La vita agiata dei grandi salotti romani sembra nascondere a fatica l’annichilimento della sensibilità d’animo, l’ottundimento delle virtù migliori e l’esaltazione dei peggiori vizi.
La solitudine dell’uomo borghese, ben inserito nell’alta società, non può in alcun modo manifestarsi nei silenzi quotidiani, nell’assenza di voci, respiri e sguardi negli ambienti che lo circondano. La sua vita, molto spesso frenetica e vuota, è la costante assenza del significato intimo e profondo di quelle voci, di quei respiri e di quegli sguardi. La famiglia di Enea si compone di uomini e donne che vivono sotto lo stesso tetto, pronti ad assumere la forma di nucleo familiare durante le molte cene mondane. Tutto ciò che riguarda le relazioni tra esseri umani sembra costituire il palcoscenico
di un’opera satirica e grottesca. L’unico attore di un tal palcoscenico ch’è un volto e non una
maschera è Valentino – interpretato da Tutti Fenomeni – nei cui occhi albeggia un raggio autentico, unica lampadina della fredda cantina che è la vita di Enea. I molti espedienti narrativi della pellicola non devono trarci in inganno circa il reale scopo del film: dipingere un affresco della vita dell’alta borghesia romana, apparentemente frivola ma infelice e vuota, dove tutto ciò che è dell’uomo si è già perso, e ne scompare ora anche il ricordo.

 

2. Into the wild (2007)
GENERE: Avventuroso
REGIA: Sean Penn
DURATA: 2h 28m
PRODUZIONE: U.S.A.

La solitudine è una tematica molto contemporanea, a tratti quasi voluta, ma al
tempo stessa evitata. Figli dell’era dell’apparenza e dei social, buttati nella gabbia della superbia cerchiamo costantemente il nostro posto nel mondo.
Molti la descrivono come una condizione di isolamento, ma è un vero e proprio stato d’animo. È uno dei maggiori taboo del 21 secolo, periodo in cui la salute mentale è messa in secondo piano; come diceva qualcuno: “C’è differenza tra sentirsi soli ed essere soli”.
Alla sua quarta esperienza di regia troviamo uno Sean Penn che, in “Into the
wild”, scorge nel baratro del dualismo umano l’incontro tra società odierna e natura umana, e lo fa ispirandosi all’omonimo romanzo di Jon Krakauer.
Con protagonista Christopher McCandles (Emile Hirsch), giovane benestante neo laureato in scienze sociali che dona tutti i suoi risparmi all’Oxfam e abbandona amici e famiglia per sfuggire, con lo zaino in spalla, ad una società capitalista e consumista che non tollera più. Sceglie l’Alaska come destinazione, ritrovandosi con la natura selvaggia e incontaminata, sperando di trovare cosi la pace interiore.
Un film entusiasmante, tratto da una storia realmente accaduta durante i primi anni novanta che riesce perfettamente a descrivere tutt’oggi la situazione delle nuove generazioni con la costante voglia di scappare, da soli, cercando di evadere della realtà e sentirsi ribelli rifiutando la normalità a qualsiasi costo.

 

Lorenzo Caputo
Andrea Longo

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